Riporto un interessante articolo scritto dal pirovago ilcircolodidante sulle feste religiose in Basilicata. E' possibile leggerlo sul forum, dove è stato originariamente postato, cliccando QUI. Buona lettura.
Le pratiche tradizionali legate ai riti specifici, a cerimonie, oppure a manifestazioni poliedriche nell’ambito del privato e del pubblico, chiamate col termine “festa” sia dalla cultura dotta che popolare, laica o religiosa, sembrano assume4re, nella composita realtà attuale, il carattere di “mitologie”. Mitologie in senso barthesiano, in quanto le feste galvanizzano finalità e mentalità divergenti, rinnovando una specie di fascino ossessivo che spinge, anche in Basilicata, a riscoprire, creare, costruire, una celebrare pratiche festive con una effervescenza spesso singolare. Nella Basilicata è fortemente accentuato il fascino di queste mitologie,e, pur vivendo la gente di questa regione lo stato della crisi più generale, esse permangono ancora numerose nell’orizzonte quotidiano. Al di la della innegabile constatazione che molte delle feste sono ridotte all’ombra di quelle che furono un tempo, e pur rinviando l’immagine, ormai immiserita, della bipolarità che sul piano storico le caratterizzava, “sacro/profano, spontaneo/ufficiale, privato/pubblico, integrazione contestazione, vi è tuttavia, un segno positivo che le percorre: esse si costituiscono come aspetto della possibilità individuale e collettiva di riappropriazione di attuazione del senso dell’agire.
Salvo rare eccezioni, la maggior parte delle feste tradizionali che si svolgono nei paesi della Basilicata concentrata nell’arco estivo, tempo che rinvia al passato quando l’agricoltore era più libero dal lavoro dei campi e disponeva in misura maggiore del frutto della propria fatica. Allora le feste religioso che avevano per sfondo un economia rurale povere al limite della sussistenza, rappresentavano, nella loro semplicità originaria, l’apice della continuità quotidiana intrisa della vasta gamma dei valori, dall’umano al trascendente. Prova tangibile di tale apice era la partecipazione corale della popolazione e della diffusa pratica devozionale delle offerte, tra cui i “cigli” ( detti anche cinti, scigli, o gregne), strutture in legno imitanti i covoni, ornare di spighe o di candele, e, se piccole, portate in testa dalle donne, se grandi, a spalle almeno da quattro persone. Vi erano altre forme devozionali di carattere popolare, come il trascinarsi con la lingua per terra dall’ingresso della chiesa fino alla statua del taumaturgo o della madonna, recarsi al santuario coronati di spine, vestire un abito simile a quello indossato dal santo, ecc. tutte queste forme cancellate dal nuovo clima culturale nato dal Concilio ecumenico Vaticano II. Nell’attuale bisogno di riappropriazione, la pratica devozionale è meno rimarcata perche è anche mutata la struttura sociale della regione, tuttavia è rimasto notevole il grado di coralità. Lo si riscontra pur vairando nella sua intensità, nelle ancora numerose feste religiose celebrate in Basilicata. Nelle tabelle che saranno pubblicate alla fine di questo scritto, si potrà riscontrare la loro distribuzione nell’arco dell’anno. Di li sarà possibile dedurre un ideale statistico devozionale, per così dire delle gente di Basilicata. Si sa che il concetto di devozione religiosa implica affetto, anche ardente, attaccamento, a volte anche zelante, pietà consacrazione, riverenza, timore. Essa si concretizza verso santi e madonne, e si esplica con differenti atteggiamenti nell’ambito di differenti tipi di comunità e in differenti ambienti fisici. Volendo cominciare, in Basilicata la devozione religiosa si è dispiegata soprattutto in riferimento a Maria con le sue numerosi immagini presenti nelle Chiese urbane e, soprattutto negli edifici extraurbani, cioè nei santuari, luoghi sacri in cui il divino si manifesta in modo speciale e dove i fedeli si recano in pellegrinaggio per compiere speciali atti di devozione, non ultimo quello di consacrare la mente e il cuore del divino.